Catto-fobia: il Sindaco di Lizzano vuole schedare chi prega in Chiesa.
NEL clima incerto, di un’estate che non vuole decollare, ci pensano i soliti fatti di cronaca estivi, a dare quel calore in più al dibattito dell’opinione pubblica.
Da mesi, infatti, si parla dell’approvazione del famoso DDL Zan-Scalfarotto sul presunto reato di omofobia che, piuttosto, altri non sembra che un bieco modo di far passare il ben più liberticida “reato d’opinione”.
“Bisogna difendere gli omosessuali, dall’odio e dalla discriminazione”, hanno urlato in molti, volendo nascondere l’insensatezza e lo scopo liberticida di un disegno di legge, dietro il falso pericolo dell’odio e della discriminazione.
Ma così come avviene, ogni qual volta si voglia legittimare un sopruso, attraverso false verità, allo stesso modo, ieri, la notizia balzata ai (dis)onori della cronaca non ha fatto altro che gettare ignominia e ridicolo, su quella stessa battaglia contro l’omofobia, che si è appunto rivelata uno dei tanti falsi storici del nostro tempo; un amo a cui far abboccare i pesci (o magari le sardine) del mare sempre più popolato, della stupidità ed ingenuità; insomma, un ben costruito tendone da circo, dietro cui nascondere, il ben più grave e pericoloso odio, verso i cattolici, che oramai da decenni, vede il suo repentino aggravarsi nella società contemporanea.
Questa volta, la scena del crimine si svolge in Puglia, nel Comune tarantino di Lizzano.
Il contenzioso nasce, con l’espletamento da parte del Parroco, di un diritto costituzionalmente tutelato, e cioè quello di amministrare le attività inerenti al proprio Ministero, concedendo i locali ecclesiastici della Parrocchia, ad un gruppo di preghiera che avesse appunto fatto richiesta di riunirsi, per pregare contro l’approvazione del succitato Ddl Zan-Scalfarotto.
“SACRILEGIO”, avrà pensato qualcuno. Ed infatti, uno sparuto e non molto nutrito gruppo di manifestanti (vedremo adesso perché in realtà siano dei disturbatori) ha deciso di recarsi all’esterno della Chiesa, per (a loro dire) manifestare, contro il gruppo di preghiera che si fosse riunito nella Parrocchia. “Recarsi a disturbare” forse sarebbe più corretto pensare. Ed infatti, proprio per questo, Don Giuseppe Zito (appunto il Parroco) decide di allertare le forze dell’Ordine, che prontamente si recano sul posto e, come da prassi (dispiace per quelli che già gridassero “al fascismo”) prendono le generalità dei disturbatori.
“ULTERIORE SACRILEGIO” avrà avuto a pensare, qualcun altro. Ed infatti, come in uno sceneggiato della migliore commedia teatrale italiana, giunge al seguito anche il Sindaco di Lizzano, Antonietta D’Oria, la quale piuttosto che tenere un comportamento diplomatico ed imparziale, vista anche la Carica Istituzionale ricoperta, decide invece di gettarsi nella mischia, prendendo le strenue difese dello sparuto manipolo di disturbatori, inveendo contro le forze dell’Ordine colpevoli, a suo dire, di stare prendendo le generalità dei presenti.
Sostanzialmente, quindi, il Sindaco decide di incolpare i “poveri” Carabinieri, solo perché gli stessi stessero facendo quanto in loro dovere e diritto.
“Noi prendiamo le generalità per pubblica sicurezza… potrebbe anche succedere una rissa” rispondono prontamente infatti i militari.
Niente da fare, il Sindaco oramai, partita per la tangente, non ha voluto sentire ragioni e dalle accuse ai militari, decide di passare al delirio di onnipotenza giuridica, decidendo seduta stante che si dovessero piuttosto e per prima prendere, i nominativi dei fedeli radunati pacificamente in Chiesa: “prendiamo prima quelli che stanno dentro”, riferendosi ai nominativi (si spera) del gruppo di preghiera stante nella Chiesa.
Il video termina (incredibilmente) tra gli applausi degli stessi disturbatori presenti, i quali, piuttosto che rendersi conto delle deliranti affermazioni del Primo Cittadino del Comune tarantino, hanno deciso di aggregarsi e di porre il delirante punto di fine, su questo ulteriore episodio di cronaca, che certamente dovrà rimanere impresso nei ricordi di tutti, come monito di cosa possa comportare il fanatismo e l’accanita parzialità ideologica.
Ma, abbandonando il racconto narrativo, voglio adesso inoltrarmi nell’esame giuridico e tecnico, dell’episodio in questione; perché vi assicuro che in questo caso, la fantasia (del Sindaco) ha abbondantemente superato la realtà.
Partiamo innanzitutto con l’esaminare la figura di Don Zito. Secondo l’autonomia ed indipendenza che vige tra lo Stato Italiano e la Chiesa, un Sacerdote può disporre dei locali sottoposti alla sua ecclesiastica giurisdizione (la Chiesa), in totale autonomia da qualunque ingerenza sia pubblica che privata, da parte dello Stato italiano; autonomia che comprende l’indipendenza anche dalle considerazioni della pubblica opinione.
Ergo, non solo Don Giuseppe Zito, ma anche i fedeli radunatisi nei locali della Parrocchia, stavano esercitando le azioni previste in ciò che viene definita “libertà di culto”.
Contrariamente, invece, il manipolo di disturbatori radunatisi al di fuori della Chiesa, erano totalmente sprovvisti di qualunque legittimità, oltre ad aver anche commesso quello che potrebbe configurarsi, come il compimento di un reato; ma andiamo per gradi.
Il gruppetto presente all’esterno della Parrocchia, si è reso innanzitutto colpevole di un’irregolarità amministrativa, che consiste infatti nell’aver organizzato una manifestazione non autorizzata. Sebbene fossero un numero esiguo di disturbatori, gli assembramenti organizzati di più di due persone, con finalità di rimostranze, costituiscono ipso facto una manifestazione che, per l’appunto, in questo caso risultasse non autorizzata.
Come se non bastasse, oltre ad un illecito amministrativo, i “manifestanti” si potrebbero anche definire colpevoli, per aver commesso le violazioni previste dall’articolo 405 del Codice Penale, che appunto sanziona penalmente, con la reclusione fino a 2 anni, coloro che abbiano arrecato turbativa o impedimento, allo svolgimento di funzioni religiose, che l’art. 405 riconosce come tali, tutte quelle manifestazioni di culto eseguite in luoghi adibiti (la Chiesa), sia con la presenza del Ministro di culto, che anche senza.
Allo stato attuale delle cose così esaminate, oltre alle violazioni commesse dal gruppetto di disturbatori, appaiono invece ancor più gravi le parole del Sindaco di Lizzano la quale, incitando i Carabinieri a “prendere quelli che stanno dentro” (augurandoci nuovamente che si stesse riferendo solo ai nominativi, e non anche alle persone fisiche dei fedeli in preghiera), ha dimostrato non solo un’ignoranza (colpevole o incolpevole) del suo ruolo di Amministratore locale, ma anche e soprattutto di una norma così importante, come l’articolo 405, che dovrebbe risultare di primaria conoscenza, per un Amministratore Comunale nell’esercizio delle sue funzioni.
Appare quindi assolutamente grave come un Sindaco, in un evidente abbandono, più alla sua ideologia, che non ai suoi doveri e competenze amministrative, abbia deciso di indirizzare (queste sì) delle vere parole di odio e discriminazione, nei confronti di uomini e donne, la cui unica colpa, agli occhi ideologizzati del Primo Cittadino, è sembrata essere quella di essere appunto dei fedeli cattolici.
Ma la cosa ancora più assurda ed incredibile, dopo tutto ciò, è che nonostante quello che sia accaduto a Lizzano, le priorità di questo Governo, e di parte dell’opinione pubblica, siano ancora quelle di difendere il mondo omosessuale, da discriminazioni inesistenti, che però esistono invece, ai danni di coloro che risultano essere irrimediabilmente dimenticati: i Cristiani.
Sicuri che pericolo sia l’omofobia, e non piuttosto la CATTO-FOBIA?
Emmanuel Giuseppe Colucci Bartone